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Perché non usare la calcolatrice nei conti algebrici

sabato 26 gennaio 2013, di Marcello De Vita

Nell’affrontare espressioni e funzioni algebriche è necessario imparare le operazioni più frequenti tra numeri interi in modo da semplificare frazioni e riconoscere fattori comuni a occhio

Il passo qui sotto, tratto da Richard Feynmann "Sta scherzando MrFeynmann" illustra il ’danno’ prodotto dall’abuso di strumenti meccanici di calcolo

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“La prima volta che andai in Brasile, facevo colazione fuori orario, perciò al ristorante ero sempre l’unico cliente. Un giorno, con quattro camerieri intorno, mangiavo un piatto di riso con carne (ne vado matto). Entra un giapponese che avevo incontrato, un venditore di abachi. Si mette a parlare con i camerieri e scommettendo di essere in grado di addizionare più velocemente di loro. I camerieri non volevano perdere la faccia, e gli suggerirono di rivolgersi a quel cliente solitario, laggiù. Protestai: «Non parlo bene il portoghese!» «Non importa», risero i camerieri, «i numeri sono facili da capire.»

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Mi portarono carta e matita. L’ambulante chiese al cameriere di dire ad alta voce i numeri da addizionare. Ovviamente aveva la meglio lui, addizionava già mentre io stavo ancora scrivendo. Suggerii allora al cameriere di scrivere due elenchi identici di numeri, e di darceli nello stesso momento. La situazione non cambiò molto, continuavo ad esser ampiamente battuto. Il rappresentante di abachi si era appassionato al gioco. «Multiplicaçao!» propose. Qualcuno scrisse l’operazione e fui di nuovo sconfitto, ma di poco, perché a moltiplicare ero bravo. A questo punto l’uomo commise un errore, propose di passare alle divisioni. Non aveva capito che più l’operazione era complessa, maggiori possibilità avevo. Svolgemmo tutti e due una lunga divisione, e alla fine risultammo pari. risultammo pari. La cosa disturbò parecchio il giapponese, che nonostante la notevole dimestichezza con l’abaco veniva battuto da un qualsiasi cliente del ristorante. «Raios cubicos!» esclamò, pregustando la vendetta. Radici cubiche! Quell’uomo voleva estrarre radici cubiche con l’aritmetica! Uno dei problemi più complessi, in aritmetica! Forse era il suo massimo exploit, con l’abaco. Scrisse un numero su un foglio, un numero qualsiasi. Me lo ricordo ancora: 1729,30. E si mise all’opera borbottando. Lavorava come un demonio, sudava sette camicie. Intanto io me ne stavo seduto a far niente. «Cosa aspetta?» mi chiese un cameriere. «Penso» risposi indicandomi la fronte con un dito. Scrissi 12, e poco dopo 12,002. L’uomo col pallottoliere si asciugò la fronte e disse: «12!»

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«Eh, no! Ci vogliono i decimali!» Sapevo che quando si estrae una radice cubica con l’aritmetica, ogni decimale è ancora più faticoso del precedente, da calcolare. Il giapponese si tuffò sull’abaco, e ricominciò a borbottare mentre io aggiungevo altri due decimali. Alzò finalmente la testa: «12,0!» I camerieri gongolavano: «Lo guardi!» dissero al rappresentante, «gli basta pensarci, e lei ha bisogno di un abaco! E poi, ha trovato molti decimali.» Umiliato, il giapponese se ne andò a testa bassa, lasciando i camerieri a congratularsi l’un l’altro. Come mai il cliente aveva battuto il campione del pallottoliere? Il numero era 1729,03. Io sapevo che un piede cubico contiene 1728 pollici [1], quindi il risultato doveva essere di poco superiore a 12. Rimaneva 1,03, circa due millesimi di 1728. Avevo imparato dal calcolo delle piccole frazioni che l’eccedente della radice cubica è uguale a un terzo dell’eccedente del numero stesso. Quindi mi era bastato trovare il valore della frazione 1/1728, moltiplicarlo per 4 (cioè dividere per 3 e moltiplicare per 12). Così, ero riuscito a calcolare tanti decimali. Alcune settimane dopo il giapponese è entrato nel bar dell’albergo dove alloggiavo. Mi ha riconosciuto e mi ha chiesto: «Come ha fatto a calcolare così velocemente quella radice cubica?» Mi misi a spiegare che era un metodo di approssimazione legato alla percentuale di errore. «Supponiamo che lei mi avesse dato 28. Ora la radice cubica di 27 è 3…» Si precipita sul pallottoliere… «Oh, sì». Allora capii che non conosceva i numeri. Col pallottoliere non c’è bisogno di imparare a memoria tante combinazioni aritmetiche, basta saper spingere su e giù le palline. Non c’è da imparare che 9 più 7 è uguale a 16, basta sapere che per addizionare 9 si fa salire una pallina da 10 e se ne fa scendere una da 1. Nell’aritmetica di base andavo più lento, ma conoscevo i numeri. L’idea stessa di approssimazione gli era poi del tutto estranea, anche se non esiste un metodo per calcolare con esattezza una radice cubica. Non riuscii mai a insegnargli il mio metodo per estrarre le radici cubiche, né a spiegargli quanto ero stato fortunato quando aveva scelto 1729,03.”

tratto da Richard Feynmann "Sta scherzando MrFeynmann"

Note

[1] n.d.r. nel sistema anglosassone il piede è diviso in 12 pollici pertanto un cubo di un piede di lato corrisponde a 12x12x12=1728 pollici cubi

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